giovedì 18 dicembre 2014

PRIMO STRALCIO CAP.1

Il giovane rientrò in casa esausto e la sua mente continuò imperterrita a pensare a quella strana ragazza dagli occhi color smeraldo, come il ruscello immaginario dei suoi sogni.
Quando il suo sguardo incrociò quello di lei, ebbe la netta sensazione di percepire quasi una scossa pervadergli la pelle, come se avesse riconosciuto in lei qualcosa che avevo perso da tempo.
“ Non posso averla già conosciuta, ne sono certo”, pensava continuamente.
Eppure, quegli occhi sembravano parlargli e dirgli:”Si sono io, sono tornata per te”.
Fece un doccia bollente e con il solo asciugamano intorno ai fianchi, si distese sul letto a guardare il soffitto volgendo lo sguardo verso le pareti, piene dei suoi fumetti che ancora nessuno prendeva in considerazione tranne lui.
Chiuse gli occhi per non imbattersi di nuovo in quel viso e come sempre succedeva da tempo, si alienò dal mondo in un secondo e si addormentò di colpo.
Si ritrovò di nuovo in quella foresta così folta e il frusciare del ruscello, lo attirò ai suoi piedi.
L‟acqua era pura e fresca e gli abitanti del bosco che lo circondavano gli diedero il loro bentornato.
Quelle strane luci che s‟intravedevano tra i rami attirarono la sua attenzione ma non riuscì a capire proprio cosa fossero. Guardò in alto e vide i due soli che si stavano spegnendo al calar della sera.
Quello blu diventò quasi cristallino e vitreo mentre quello rosso sembrava che lo richiamasse.
Alzò lo sguardo, ipnotizzato, fissandolo come incantato e sentì fremere i muscoli quasi a tremare tutto. Il suo corpo si mosse silenzioso e lo sentì crescere dentro di sé, come se stesse riempiendosi di aria. Quel calore lo pervase tutto e si ritrovò in un baleno, accovacciato su un ramo, senza sapere come vi fosse arrivato – quando da lontano, vide un‟ombra muoversi lentamente verso di lui.
Sentì dei passi che si avvicinavano in lontananza, senza riuscire a distinguerne la forma, ma intuì che di lì a poco, qualcuno sarebbe sopraggiunto.
Sentì un ringhio provenire dal suo petto e, quando la figura si stagliò alla luce della luna blu cristallo, la riconobbe e il ringhio smise.
La figura alzò lo sguardo e una voce fievole chiamò: “Damian…. Damian…”.
Il giovane scavalcò il ramo dal quale si trovava e balzò a terra,con la stessa facilità di chi fosse sceso da un gradino basso e guardò in direzione della figura.
“E‟ lei, la ragazza della piazza…. sembra diversa”, pensò Damian.


I capelli della fanciulla erano lucidi ed emanavano bagliori cangianti come fosse permeata da una luce che li rendevano scintillanti, d‟un nero pece con riflessi rossi. Gli occhi sembrarono risplendere ancor più di quel verde smeraldo, come se fosse possibile e i piedi parevano non toccare terra, per quanto camminasse lievemente. Lo guardava fisso e gli sorrideva soavemente, quasi volesse tranquillizzarlo dalla sua presenza, con le mani in avanti e i palmi in su, in segno di resa.
Il ringhio si risentì forte nel petto di lui, ma questa volta non era più di difesa, bensì di calma.
Acquattato come un predatore che aspetta di catturare la sua preda, si alzò in piedi ad attenderla, fermo e sereno, percependo la tranquillità che la ragazza emanava verso di lui.
Lei si avvicinò piano e placidamente gli parlò: “Damian sono qui,sono io. Non mi riconosci?”.
Il ragazzo la guardò e l‟unica cosa che seppe dire fu:“Si, sei la strana ragazza di oggi”.
Lei scosse la testa leggermente e si trovò ad un passo da lui, così vicina che potergli leggere negli iridi quasi fin dentro l‟animo.
“No ,non solo lei”, e posò la mano delicatamente sul suo petto.
Il giovane percepì in quel tocco una forte energia benefica che lo fece fremere, come quella mattina, ancor più intensamente e non si mosse.
“Ti stavo cercando da tanto e tu mi aspettavi da ancora più tempo”, disse fissandolo con determinazione - “Sono Ania”,sussurrò con delicatezza.
Quel nome gli sembrò apparentemente estraneo – eppure familiare, così come i tratti del suo viso, ormai indelebilmente impressi nella sua mente, da quando l‟aveva vista.
La sua mente sembrò volersi ribellare a quel nome e a quel volto e d‟impulso, strinse a pugno le mani, quasi volesse combattere quei ricordi con tutte le sue forze. Sentì le unghie appuntite perforargli la carne, facendolo sanguinare senza percepirne però alcun dolore.
Una musica in sottofondo si fece largo tra i rami, nella foresta e sembrò che il tempo si fermasse.
Nella sua mente visualizzò una distesa d‟erba e di fiori con alberi imponenti che la circondavano e lui che vi camminava sereno e appagato. Volgendo il capo, rivide quegli splendidi occhi smeraldo che gli sorridevano affabilmente in modo confidenziale e affettuoso.
La giovane donna annusava un fiore dai petali multicolore, come l‟arcobaleno, mentre quelle misteriose lucine che s‟intravedevano dalla foresta, le svolazzavano attorno, creando quasi una barriera protettiva. Le guardò più attentamente e si accorse che dietro quel piccolo bagliore,vi erano delle ali e dei piccoli corpicini.
Osservò più attentamente e si accorse dei loro visini raggianti e lei che rideva con loro.
“Lo ricordi allora?” ,chiese l‟angelo, a quel punto, toccando il braccio del ragazzo.
Damian ai scostò bruscamente e disse,come se voler cancellare quel strano flash back.
“No,non era niente! Assolutamente niente!” – richiudendosi in sé stesso – “ Sicuramente è uno dei miei sogni che torna a tormentarmi – Tu non esisti, come non esiste questo luogo.
E‟ solo frutto della mia spasmodica fantasia che deve esprimersi.
Tu hai solo i lineamenti di una persona che ho incontrato oggi, ma in realtà sarebbe potuto essere il viso di qualsiasi altra persona ”, si giustificò caparbio.
Quella spiegazione non fermò la ragazza dal proseguire nella sua missione e gli prese, con dolcezza la mano,alzandola in modo che Damian la vedesse tra le sue.
“Anche questo allora lo stai solo creando tu con la fantasia?”,domandò placida.
Damian fissò, quella che doveva essere la sua mano, e si accorse che al posto delle dita e delle unghie, guardò degli artigli così grossi per essere considerati umani, più simili a quelli di un animale. Sul dorso della mano, vide una folta peluria che la ricopriva – d‟istinto la ritrasse – e la nascose dietro la schiena, sperando che svanisse come per magia.
“No, e‟ solo un sogno, anzi un incubo!”, disse Damian, più a sé stesso che a lei.
D‟istinto, fece un salto disumano, rannicchiandosi di nuovo su un albero, e si voltò guardingo.
La fissò intensamente cercando di riflettere su quello che aveva appena visto e dopo aver fatto un balzo a terra, scappò nella foresta a velocità fulminea, perdendosi nel buio.

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